RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE P.A. – Ritardo cessione in proprietà lotti compresi in area PIP. TAR CAMPANIA – Salerno Sez. 1^, 13/05/2015, sent. 981

Nell’ambito di una procedura diretta alla cessione in proprietà dei lotti compresi in un’area PIP, è configurabile la responsabilità precontrattuale (ai sensi dell’art. 1337 cod. civ.) dell’amministrazione comunale che mantenga un comportamento inerte e dilatorio, caratterizzato anche da errori di programmazione, tale da determinare l’inesplicato protrarsi dell’iter traslativo.

In particolare, tale atteggiamento della P.A. è lesivo del legittimo affidamento del privato all’acquisto dei lotti.

Anche il mancato completamento delle opere di urbanizzazione dell’area PIP, indispensabili alla funzionalità di un corretto ed operativo insediamento di un opificio, è lesivo dell’affidamento riposto dal privato assegnatario dei lotti alla conclusione del procedimento traslativo.

In tale contesto, la responsabilità precontrattuale della P.A., si sostanzia nella violazione del dovere di lealtà e di correttezza, per aver posto in essere comportamenti che non salvaguardano l’affidamento della controparte (anche colposamente, perché non occorre un particolare comportamento di malafede, né la prova di arrecare pregiudizio all’altro contraente) in modo da sorprendere la sua fiducia sulla conclusione del contratto. In tal guisa, l’amministrazione comunale è tenuta a risarcire il danno arrecato al privato, consistente nel c.d. “interesse negativo”, da intendersi come interesse a non essere coinvolto in trattative inutili.

Inoltre, quanto al lucro cessante, lo stesso può essere liquidato in via equitativa.

Avv. Federico MAGGIO

00981/2015 REG.PROV.COLL.

01657/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1657 del 2014, proposto da:
Società Cartoplastica Marotta di Marotta Antonio, in persona del legale rappresentante p. t. sig. Antonio Marotta, rappresentata e difesa dagli avv.ti Carla Gallo e Federico Maggio, presso i quali elettivamente domicilia in Salerno, Via G. Lanzalone, 3;

contro

Comune di Sala Consilina, in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Scuderi, presso il quale elettivamente domicilia in Salerno, Via Velia N. 96;

per

l’accertamento della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. e dell’inadempimento del Comune di Sala Consilina nell’ambito della procedura di evidenza pubblica diretta alla cessione in proprietà, in favore della ricorrente, dei lotti compresi nell’area del Piano di Insediamento Produttivo in località Mezzaniello-ponte Filo e la condanna del Comune al risarcimento dei danni sofferti a titolo di danno emergente e lucro cessante.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Sala Consilina;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2014 il dott. Francesco Gaudieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Con il ricorso in esame, notificato l’8 luglio 2014, depositato il 30 luglio 2014, la società nominata in epigrafe, premesso di aver partecipato alla procedura ad evidenza pubblica per l’assegnazione e la cessione in diritto di proprietà delle aree ricomprese nel PIP di località Mezzaniello, Ponte Filo, indetta dal Comune di Sala Consilina e di essersi collocata, nella graduatoria provvisoria ed in quella definitiva in posizione utile, risultando aggiudicataria di una superficie di mq 6.000, nonché di un’ulteriore superficie di mq 2.000,ottenendo complessivamente 8.000 mq distribuiti su quattro lotti contigui siglati C10 – C11 – C20 e C21; di aver versato, su espressa richiesta dell’amministrazione comunale, con bonifico del 9.9.2011, la somma di euro 189.600,00, quale acconto (pari al 60%), previsto dal bando per “il pagamento delle indennità di esproprio ai proprietari delle aree ricadenti nella zona PIP, nonché per il finanziamento delle pertinenti opere di urbanizzazione”; di non aver ricevuto più alcuna comunicazione da parte dell’ente, benché l’art. 14 del Regolamento comunale per la cessione in proprietà delle aree PIP, prevedesse la stipula della Convenzione entro sei mesi dal verbale di immissione in possesso da parte del Comune nelle aree interessate; di aver chiesto chiarimenti al Comune in ordine all’iter della procedura con nota del 10.6.2014, riscontrata dall’ente con nota del 20.6.2014, recante precisazione che alla stipula della convenzione non si era proceduto “per effetto di errori sui frazionamenti e che il procedimento di rettifica degli stessi era ancora in corso”, aggiungendo che i lavori relativi alle opere di urbanizzazione erano sospesi per mancanza di disponibilità finanziarie; chiede l’accertamento della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione per violazione dei generali canoni di correttezza e buona fede, stante la dilatazione abnorme dei tempi dell’iter traslativo dei lotti assegnati; l’occultamento degli errori sui frazionamenti; la richiesta di anticipazione dei corrispettivi dovuti, la perdurante incertezza circa i tempi di conclusione del procedimento, con la condanna dell’intimata amministrazione comunale al risarcimento del danno.. Sussisterebbe, nella specie, ad avviso della ricorrente, l’esclusiva responsabilità della P.A., violativa dei principi costituzionali di buon andamento nel perseguimento degli obiettivi di trasparenza, pubblicità, partecipazione e tempestività dell’azione amministrativa, sia per quanto attiene all’ingiustificato arresto della procedura ad evidenza pubblica ascrivibile al mancato completamento delle opere di urbanizzazione, non risultando acquisibile un lotto sprovvisto di impianto di sollevamento fognario; cabine elettriche; impianto di illuminazione; pavimentazione e rete stradale di collegamento; neppure giustificabile in ragione della mancanza di disponibilità finanziarie, avendo la ricorrente diligentemente corrisposto le somme utili a tal fine, mentre l’amministrazione avrebbe omesso di verificare la sussistenza delle risorse finanziarie necessarie all’esecuzione delle stesse; sia per il profilo attinente alla ingiustificata dilazione dei termini per la stipula della convenzione, atteso che le particelle da acquisire sono state oggetto di diversi decreti di esproprio, l’ultimo dei quali risulta intervenuto in data 5.12.2013, per cui entro il 5.6.2014 si sarebbe dovuto stipulare la relativa convenzione : il ritardo scrivibile ad errori nei frazionamenti aggraverebbe la colpa e la responsabilità dell’amministrazione nei confronti della quale è ravvisabile una negligenza rispetto al dovere di diligenza professionale ex art. 2236 c.c. che, nel caso di specie, risulterebbero riconducibili alle evidenti carenze progettuali e professionali risalenti al momento della formazione della volontà contrattuale .

Il danno risarcibile, configurabile nei limiti dell’interesse contrattuale negativo, e cioè le spese sopportate per la partecipazione alla selezione (danno emergente), oltre alla perdita di affari e occasioni di lavoro alternativi (lucro cessante), sarebbe quantificabile in euro 189.600,00, versato a titolo di acconto sul prezzo della cessione, ed in euro 150,00 per la costituzione di garanzia fideiussoria, oltre rivalutazione monetaria, dalla data della richiesta di restituzione delle somme (26.3.2014), nonché interessi legali, oltre agli importi risarcitori per lucro cessante.

2.- Resiste in giudizio l’intimata amministrazione comunale, chiedendo la reiezione della domanda perché inammissibile ed infondata. Evidenzia, in particolare, che sarebbe stato proprio il comportamento inadempiente dell’assegnataria a non consentire la stipula della relativa convenzione, atteso che, giusta previsione dell’art. 14, secondo comma, del Regolamento per la cessione delle aree, nei sei mesi previsti quale termine ultimo per la sottoscrizione della Convenzione, il concessionario era tenuto alla presentazione del progetto necessario per il rilascio della concessione edilizia, che, invece, non è stato presentato. A ciò aggiungasi che la ricorrente società sarebbe incorsa in ulteriori inadempimenti, atteso che la stessa, prima di procedere alla stipula della Convenzione, avrebbe dovuto provvedere la pagamento del costo delle aree assegnate ed al pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria : tutte omissioni che avrebbero privato la resistente amministrazione della provvista finanziaria necessaria per concludere il programma delle urbanizzazioni. La ricorrente, infine, con la nota del 26.3.2014, avrebbe notificato una “formale risoluzione contrattuale e recesso dalla convenzione” sciogliendosi dal vincolo contrattuale, pur non essendo scaduti ancora i sei mesi previsti dal Regolamento, impedendo pertanto, la stipula della convenzione da sottoscriversi entro il 5.6.2014. Chiede, pertanto, la reiezione del ricorso evidenziando che l’inadempimento di un’obbligazione non può essere eccepita da chi è inadempiente; la risoluzione unilaterale ha impedito all’amministrazione di adempiere alla propria obbligazione, ancorchè fosse ancora nei termini per farlo; alla P.A. non è stato concesso il giusto termine per adempiere; la ricorrente non ha mai sollecitato l’adempimento dell’Amministrazione né ha mai costituito in mora l’Amministrazione. Esclude, pertanto la ricorrenza degli elementi utili a configurare la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione atteso che, per un verso, l’ente non si sarebbe giammai assunto l’impegno di ultimare le opere di urbanizzazione ma solo di utilizzare le somme per tale scopo; la carenza di fondi non sarebbe né preesistente né preventivabile, bensì ascrivibile ai mancati adempimenti dei concessionari, l’omessa attivazione da parte dell’interessato degli strumenti utili alla tutela della sua posizione, sarebbe un dato valutabile ai fini dell’esclusione o della riduzione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza (Ad Plen. N. 3/2011).

3.- Con memorie le parti hanno maggiormente illustrato le rispettive posizioni.

4.- Non risultano provvedimenti cautelari.

5.- All’udienza del 18 dicembre 2014, sulla conclusione delle parti presenti come da verbale di udienza, il Collegio si è riservata la decisione.

6.- Il ricorso è fondato e merita accoglimento, alla stregua delle considerazioni che seguono. Gioverà preliminarmente una sintetica ricostruzione del quadro esegetico.

6.a.- E’ ormai consolidata in giurisprudenza la configurabilità di una responsabilità precontrattuale anche della pubblica amministrazione, perché anche su di essa grava l’obbligo sancito dall’art. 1337 Cod. civ. di comportarsi secondo buona fede durante lo svolgimento delle trattative.

Pertanto, se durante la fase formativa del contratto la pubblica amministrazione viola quel dovere di lealtà e di correttezza, ponendo in essere comportamenti che non salvaguardano l’affidamento della controparte (anche colposamente, perché non occorre un particolare comportamento di malafede, né la prova dell’intenzione di arrecare pregiudizio all’altro contraente) in modo da sorprendere la sua fiducia sulla conclusione del contratto, essa risponde per responsabilità precontrattuale.

La responsabilità precontrattuale non discende infatti dalla violazione delle norme di diritto pubblico che disciplinano l’agire autoritativo della pubblica amministrazione e dalla cui violazione discende l’illegittimità dell’atto. Essa, al contrario, deriva dalla violazione delle regole comuni (in particolare del principio generale di buona fede in senso oggettivo dell’art. 1337 Cod. civ..) che trattano del “comportamento” precontrattuale, ponendo in capo alla pubblica amministrazione doveri di correttezza e di buona fede analoghi a quelli che gravano su un comune soggetto nel corso delle trattative precontrattuali.

Invero, nello svolgimento della sua attività di ricerca del contraente l’Amministrazione è tenuta non soltanto a rispettare le norme dettate nell’interesse pubblico (la cui violazione implica l’annullamento del provvedimento ed una eventuale responsabilità da attività provvedimentale illegittima), ma anche le norme generali sulla correttezza di cui all’art. 1337 Cod. civ. prescritte dal diritto comune (la violazione delle quali fa nascere appunto la responsabilità precontrattuale) (cfr. in questi termini Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6).

Da qui l’ordinaria possibilità che una responsabilità precontrattuale sussista nonostante la legittimità del provvedimento.

Del resto, come la giurisprudenza ha ulteriormente chiarito (cfr. Cass., SS.UU., 12 maggio 2008, n. 11656), la responsabilità precontrattuale è una responsabilità da comportamento, non da provvedimento, che incide sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illegittime frutto dell’altrui scorrettezza.

Nei casi di responsabilità precontrattuale propriamente detti, infatti, ciò che il privato lamenta è la lesione della sua corretta autodeterminazione negoziale.

Questa, del resto, è anche la ragione per la quale, in caso di responsabilità precontrattuale da ingiustificato recesso dalla trattative (nel cui ambito si inquadra la vicenda in esame, in cui viene in rilievo la revoca degli atti di gara), il danno è commisurato non al c.d. interesse positivo (ovvero alle utilità economiche che il privato avrebbe tratto dall’esecuzione del contratto), ma al c.d. interesse negativo, da intendersi, appunto, come interesse a non essere coinvolto in trattative inutili, a non investire inutilmente tempo e risorse economiche partecipando a trattative destinate poi a rivelarsi del tutto inutili.

La giurisprudenza è, dunque, concorde nell’affermare che, ai fini della configurabilità della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, non si deve tener conto della legittimità dell’esercizio della funzione pubblica cristallizzato nel provvedimento amministrativo, ma della correttezza del comportamento complessivamente tenuto dall’Amministrazione durante il corso delle trattative e della formazione del contratto, alla luce dell’obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede ai sensi dell’art. 1337 c.c. (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 15 luglio 2013 n. 3831; Consiglio di Stato, sez. VI, 1 febbraio 2013 n. 633, che estende la tutela anche al caso di revoca legittima degli atti di una procedura di aggiudicazione di un appalto di lavori per sopravvenuta indisponibilità delle risorse finanziarie).

Alla luce del riferito quadro giurisprudenziale, appare agevole lo scrutinio del ricorso in esame.

7.- Con la domanda in esame, parte ricorrente chiede all’intestato Tribunale una pronuncia dichiarativa dell’inadempimento e della responsabilità precontrattuale del Comune di Sala Consilina in relazione all’obbligo dallo stesso assunto di addivenire alla stipula della convenzione recante cessione, in favore dell’istante, dei lotti compresi nell’area PIP, nell’ambito di un procedimento concorsuale iniziato nell’anno 2010 e giammai concluso, instando per la restituzione della somma versata per detta cessione, pari ad euro 189.600,00, euro 150,00 per la polizza fideiussoria, oltre al risarcimento danni.

La domanda, ad avviso del Collegio, è fondata, ravvisandosi nella ricostruzione dei fatti, elementi che inducono a ritenere oggettivamente apprezzabile, alla stregua delle suesposte acquisizioni ermeneutiche, la lesione dell’affidamento del privato nella stipula della convenzione utile all’attribuzione del bene della vita, compromesso dal comportamento dell’amministrazione comunale che, con un atteggiamento inerte e dilatorio, caratterizzato anche da errori di programmazione, ha omesso di concludere il procedimento avviato nell’anno 2010.

7.a.- Gioverà ricordare che dopo l’assegnazione definitiva dei lotti, disposto con la deliberazione giuntale n. 123 del 21.6.2011, l’ente locale ha chiesto alla ricorrente società di procedere al versamento di euro 189.600,00, quale acconto pari al 60% dell’intero ammontare del prezzo di cessione, da destinare, per espressa previsione del bando “al pagamento delle indennità di esproprio ai proprietari delle aree ricadenti nel PIP, nonché per il finanziamento delle pertinenti opere di urbanizzazione”.

A tale onere, la ricorrente ha prontamente adempiuto con versamento a mezzo bonifico bancario del 9 settembre 2011. Da tale data, l’amministrazione comunale non ha più interloquito con il privato ricorrente, in legittima attesa, quale imprenditore assegnatario di quattro lotti, di ricevere, in un tempo ragionevole, il bene della vita destinato alla creazione di un opificio, alla programmazione delle future attività di operatore del settore con la contrazione di mutui, la progettazione di interventi, l’assunzione di risorse umane strumentali.

A distanza di tre anni dall’assegnazione, la ricorrente ha ottenuto, previa sollecitazione, un mero riscontro (prot. n. 9983 del 20.6.2014) dal quale emerge che “per effetto di errori sui frazionamenti originari si stà provvedendo tutt’ora alla rettifica degli stessi” e che “allo stato attuale i lavori relativi alle opere di urbanizzazione risultano sospesi per mancanza di disponibilità finanziarie”, senza ulteriori indicazioni in ordine alla definizione delle questioni rappresentate.

7.b.- Il riferito quadro fattuale evidenzia che sussiste una pluralità di elementi idonei a qualificare soggettivamente il comportamento dell’amministrazione in termini di violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede, laddove si consideri che:

-la traslazione dell’area spettante alla ricorrente non ha registrato, nell’arco di un triennio, significativi momenti di progressione, caratterizzandosi, anzi, per riconosciuti errori nel procedimento di frazionamento tali da non consentire il trasferimento del bene;

-la mancata partecipazione delle rappresentate difficoltà alla ricorrente, ingiustificatamente tenuta all’oscuro delle difficoltà procedimentali;

-la mancata indicazione dei tempi di conclusione del procedimento caratterizzato, come già detto da errori nei frazionamenti e carenze finanziarie;

-il mancato completamento delle opere di urbanizzazione e la mancata indicazione dei tempi di ripresa e conclusione delle stesse, indispensabili alla funzionalità di un corretto ed operativo insediamento di un opificio.

7.c.- Né all’uopo rilevano le giustificazioni rassegnate, in sede processuale, dalla difesa dell’amministrazione, atteso che :

-la mancata presentazione del progetto, da parte della ricorrente ex art. 14, comma 1, del Regolamento, nel semestre successivo all’immissione in possesso delle aree (5.12.2013), non appare un esimente apprezzabile stante l’impossibilità per la ricorrente di elaborare il progetto di un opificio da collocare su aree i cui problemi di frazionamento non erano stati ancora risolti dall’amministrazione; d’altronde, a quanto consta, parte ricorrente neppure era stata notiziata in precedenza dell’avvenuta apprensione delle aree ed in sede di riscontro all’istanza di chiarimenti, neppure era stata rappresentata alla stessa la necessità inderogabile di presentare la progettazione necessaria, segno evidente del persistere delle criticità evidenziate;

-parimenti non condivisibile appare la giustificazione – con la quale la resistente amministrazione tenta di rovesciare sulle inadempienze della ricorrente la causa delle criticità esistenti – relativa al mancato pagamento da parte degli assegnatari, tra i quali la ricorrente, del saldo del costo dell’area loro assegnata e degli oneri di urbanizzazione, antecedentemente alla stipula della convenzione, atteso che non risulta una richiesta in tal senso rimasta inevasa, laddove, al contrario risulta un versamento, pari al 60% dell’intero ammontare del prezzo di cessione previsto dal bando, fatto dalla ricorrente ben tre anni prima;

-neppure risulta apprezzabile la difesa dell’ente nella parte in cui sostiene che la P.A. non ha potuto adempiere alla sua prestazione per effetto della comunicazione del 26.3.2014, con la quale la ricorrente declina la sua volontà di recedere dal contratto, atteso che, non emerge, nella documentazione versata in atti, in alcun modo la possibilità da parte della P.A. di poter risolvere nell’arco del semestre, le criticità dalla stessa rappresentate con la consequenziale stipula della convenzione.

7.d.- Per quanto sopra, il Collegio condivide l’approdo giurisprudenziale a mente delle cui indicazioni, spetta al giudice accertare la gravità dell’inadempimento in relazione alla mancata messa a disposizione del bene in tempo utile per la sua utilizzazione economica, avuto riguardo all’entità oggettiva del ritardo, al protrarsi dei suoi effetti, alla natura ed alla finalità del rapporto, all’economia complessiva della convenzione ed all’interesse che la parte in bonis intendeva realizzare, nonché tenuto conto della concreta funzione economico-sociale del contratto /Cass. civ. Sez. III 19 agosto 2003 n. 12112).

Nella specie, ad avviso del Collegio, ricorrono tutti gli elementi innanzi rilevati, atteso che la parte, quale impresa in bonis, orientata ad espandere la propria attività, con investimenti mirati, ha partecipato al procedimento di assegnazione dei lotti, sostenendo anche le relative spese, in una prospettiva di ragionevole attesa, tale da consentirle di entrare nella proprietà dei beni in tempo utile per trasferire l’attività, realizzare l’opificio, ampliare la produzione, espandersi nel mercato, anche per ammortizzare i costi di investimento.

Nell’arco di tre anni, nulla di tutto ciò si è concretamente verificato e, nella risposta dell’amministrazione comunale, neppure è emerso un ragionevole dies ad quem, per cui, a fronte di un dies incertus an incertus quando, si è determinata nei sensi rappresentati.

8.- Quanto, infine, al danno risarcibile, da individuarsi nel limite dell’interesse negativo, vale a dire delle spese sostenute per acquisire i quattro lotti, esso appare quantificabile nell’importo di euro 189.600,00, versato a titolo di acconto sul prezzo della cessione, con bonifico bancario del 9.9.2011 (vedi copia- all. 10- versata in atti), oltre ad euro 150,00 per la costituzione della polizza fideiussoria (vedi all. 5 versato in atti). Pertanto, la domanda di risarcimento deve essere accolta nella misura complessiva sopra indicata, a titolo di restituzione delle somme indebitamente versate in acconto sul prezzo di cessione dei lotti assegnati, ed a titolo di ristoro dei costi di partecipazione alla procedura concorsuale, oltre agli interessi legali dalla data del deposito della sentenza fino all’effettivo soddisfo.

8.a.- Quanto al lucro cessante, nel difetto di allegazioni, si reputa equo determinarlo nella misura del 10% del valore delle somme corrisposte dal ricorrente, oggetto di restituzione (vedi ex multis Tar Salerno n. 752/2012),

9.- Sussistono giuste ragioni per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie con la condanna della resistente amministrazione al risarcimento dei danni in favore della ricorrente società, nei sensi di cui in motivazione

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nelle camere di consiglio dei giorni 18 dicembre 2014, 19 marzo 2015, con l’intervento dei magistrati:

Amedeo Urbano, Presidente

Francesco Gaudieri, Consigliere, Estensore

Paolo Severini, Consigliere

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/05/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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